Redigendo
questo post sul dibattito giuridico americano sull'eguaglianza nel matrimonio, ho trovato quest'articolo:
http://www.scotusblog.com/2011/08/same-sex-marriage-and-religious-liberty/
il cui autore dice che non si può affermare l'eguaglianza nel matrimonio (che lui ritiene inattaccabile sul piano del diritto costituzionale) senza concedere una scappatoia a chi non la condivide e non vuole essere complice di cerimonie o stili di vita LGBT.
L'esempio da cui parte non è quello del prete cattolico che potrebbe essere costretto ad officiare un matrimonio gay (nessuno vuole una cosa del genere, e sarebbe una cosa chiaramente inammissibile), ma quello di un fotografo di Albuquerque, New Mexico, che fu citato in giudizio per essersi rifiutato di fotografare la "committment ceremony = matrimonio simbolico" di una coppia gay - violando così la legge federale che vieta le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale.
Secondo Thomas C. Berg, autore di quest'articolo, bisognava consentire invece al fotografo di rifiutarsi, tantopiù che Albuquerque ha quasi 546.000 abitanti, e quindi un fotografo gay-friendly la coppia lo poteva trovare facilmente - se fosse stato l'unico fotografo di una contea, allora avrebbe avuto senso costringerlo ad accontentarli.
Esempi simili potrebbero essere le agenzie che si occupano di adozioni, che potrebbero perdere l'accreditamento se per motivi religiosi si rifiutassero di accogliere proposte di adozione da parte di coppie arcobaleno, oppure i conviti che ospitano studenti sposati, che potrebbero mettersi nei guai se si rifiutassero di ospitare coppie LGBT oltre a quelle etero.
La proposta di Berg sembra molto semplice: se non si vogliono pericolosi conflitti sociali, tra due parti che si ispirano a valori costituzionali di eguale rango, occorre stabilire un compromesso - e nel compromesso sono più abili i legislatori dei giudici, che non sono tenuti a vedere aldilà del caso in esame.
Il compromesso sarebbe consentire a chi non vuole essere coinvolto in atti di vita LGBT di rifiutarsi di prestare il suo servizio, a meno che non sia l'unico in zona a poterlo erogare, ed il suo rifiuto dunque sarebbe un torto irrimediabile per le persone LGBT che lo vogliono.
La mia opinione è che la proposta sia inaccettabile, e vi spiego perché.
Il primo motivo è che la sessualità, la vita di coppia e la vita familiare sono estremamente pervasivi in tutte le persone; le persone etero non se ne rendono conto, perché uno dei privilegi della maggioranza è l'oblìo di se stessa - ma le persone LGBT se ne accorgono eccome.
Se si consente ad un etero, per motivi religiosi, di rifiutarsi di prestare il suo servizio ad una persona che sta manifestando il suo essere LGBT, gli si dà praticamente licenza di ignorarlo completamente in ogni circostanza, magari anche in alcune che al professor Thomas Berg, ordinario di Diritto e Politiche Pubbliche all'Università San Tommaso, non sarebbero mai venute in mente!
Il secondo motivo è che il fotografo non fa il suo lavoro per simpatia, ma per denaro - e l'accettare denaro per riprendere una cerimonia LGBT non significa approvare codesta cerimonia, ma fare il proprio mestiere. I principi morali del fotografo (ammesso e non concesso che sia "morale" discriminare) non vengono perciò compromessi.
Soltanto se le chiese cristiane decretassero che accettare di fotografare una cerimonia LGBT significa approvarla, allora il ragionamento potrebbe reggere. Ma mi piacerebbe sapere che direbbero codeste chiese dell'attivista contro la pena capitale o contro il razzismo che riprende esecuzioni od esempi di discriminazione razziale per dimostrare invece quanto sono orrendi.
Mi pare ovvio che non si può giudicare una persona solo dal suo comportamento esterno, e non ha senso dire: "Se fai così, vuol dire che sei cosà, e non puoi dimostrare il contrario". Non lo si fa nemmeno con un assassino, figuriamoci con un fotografo.
Inoltre, si potrebbe fare un esempio molto interessante: poiché per la chiesa cattolica il matrimonio è un sacramento, il battezzato cattolico non può contrarre un matrimonio che non sia anche un sacramento. Il cattolico che contrae matrimonio civile perciò non è un novello sposo, ma un pubblico peccatore.
Eppure nessuno si sogna di intimare ai cattolici di rifiutarsi contribuire alla celebrazione di un matrimonio civile - né come sindaci, né come ufficiali di stato civile, né come fotografi. E la differenza tra un matrimonio civile eterosessuale ed uno civile omosessuale è solo di grado, non di qualità.
Per quanto riguarda le agenzie di adozione, il loro compito è accoppiare adottanti ed adottati, solo sulla base dell'idoneità psicologica dei primi; se vogliono garantire anche la rispondenza ad una religione od ideologia, allora compiono una discriminazione che lo stato non può autorizzare - e giustamente revoca loro l'accreditamento.
Se non lo facesse, lo stato verrebbe accusato di usare queste agenzie di adozione per "compiere il lavoro sporco", ovvero discriminare in un modo vietato dalla legge - e perderebbe tutte le cause che gli venissero intentate per questo.
Per quanto riguarda pensionati studenteschi e simili, idem: il matrimonio è matrimonio, qualunque sia il genere dei coniugi.
Il terzo motivo è questo: il modello di società di Thomas Berg prevede che gay ed alleati vivano separati dagli eterosessisti - una società di "separate but equal = separati ma uguali", in cui la separazione finisce con l'indurre le due parti a disprezzarsi a vicenda (con il disprezzo della maggioranza eterosessista molto più pericoloso di quello della minoranza inclusiva) ed a coltivare degli stereotipi bizzarri nel migliore dei casi, odiosi nel peggiore.
Il modello del "separate but equal = separati ma uguali" è stato stroncato dalla Corte Suprema USA da più di cinquant'anni, in quanto la separazione è già discriminazione contro la minoranza; inoltre, se le due comunità vivono separate, e la maggioranza eterosessista ha piena licenza di ignorare la minoranza inclusiva, gli eterosessisti non impareranno mai che gay ed alleati non sono i mostri di cui si sparla ogni domenica a messa.
Karl Popper, di famiglia ebraica, ma di religione protestante (tutto meno che cattolico, insomma) riteneva il commercio il migliore antidoto al razzismo. Thomas Berg non vuole quest'antidoto, visto che vuole autorizzare i commercianti a non servire le persone che manifestano la loro identità LGBT (praticamente sempre).
Raffaele Ladu