martedì 6 dicembre 2011

Harakiri veronese

Siamo tenuti ad informare la cittadinanza e l'utenza che il Circolo Pink ha deciso di uscire dallo Sportello Migranti. Tutte le altre associazioni:


restano e continueranno a prodigarsi per chi ne ha bisogno.

mercoledì 31 agosto 2011

Peggio la toppa dello strappo

[1] http://milk-open-house.blogspot.com/2011/08/un-rabbino-che-sposa-lesbiche-e-gay.html

[2] http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4115222,00.html

[3] http://www.puahonline.org/

In [1] è stato citato Areleh Harel, un rabbino che sposa lesbiche e gay tra loro; in [2] si riferisce che tre famosi rabbini israeliani (Yaakov Ariel, Haim Drukman ed Elyakim Levanon), che avevano dato un'approvazione di principio all'operato di Areleh Harel, l'hanno ritirata in quanto in disaccordo con la sua pratica attuazione - e la manterranno congelata finché non saranno chiarite tutte le questioni etiche e pratiche.

Una persona potrebbe pensare: "Evviva, si sono resi conto che trovare ad ogni uomo gay una donna lesbica da sposare non è la soluzione al problema!", ma purtroppo non è così.

Infatti Yaakov Ariel ha detto, secondo [2]: "La vera soluzione per coloro che hanno tendenze invertite è il trattamento psicologico".

Se Haim Drukman ha prudentemente negato di essersi occupato del problema, Elyakim Levanon ha precisato che egli "fa appello a coloro che hanno insane tendenze a ricercare l'appropriato trattamento per promuoverne la riparazione".

A questo punto viene da dire: "Peggio la toppa dello strappo!", e se leggiamo le dichiarazioni del rabbino Menachem Burstein, sempre riportate in [2], ci rendiamo conto di quante sciocchezze fa dire l'omofobia.

Infatti ha scritto che il nuovo progetto prescriverà che un gay ed una lesbica che vogliono sposarsi tra loro devono "presentare la lettera di un terapeuta che conferma che hanno tentato di diventare etero, ma non ci sono riusciti, promettere di rimanere fedeli l'uno all'altro finché rimangono sposati, ed accettare guida psicologica per sé e per i figli".

La seconda condizione (la promessa di fedeltà) non è diversa da quella dei matrimoni etero; ma la prima lettera non ha bisogno della firma di un terapeuta - la si potrebbe ciclostilare e piazzare nei 'makolet = piccoli supermercati', accanto ai volantini delle offerte speciali, perché non è possibile cambiare volontariamente orientamento sessuale, ed i 'counselor' che accettano di aiutare in questo i loro clienti sono solo dei ciarlatani.

La terza condizione è semplicemente offensiva: ci sono genitori che hanno bisogno di aiuto psicologico, ma non si può pensare che l'essere gay o lesbica implichi essere incapaci di allevare i figli! Chi si è fatto venire in mente un'idea del genere ha amici LGBT esattamente come gli antisemiti hanno amici ebrei.

Considerato che Menachem Burstein è l'iniziatore di [3], un'organizzazione che aiuta le coppie ebree con problemi di fertilità, uno si chiede qual è il livello di sostegno psicologico (non dico di cure mediche) che tale organizzazione offre.

Coraggio - Israele è sopravvissuto a persone più sciocche di loro.

Raffaele Ladu

sabato 27 agosto 2011

UCCR accusa i gay di diffusione dell'AIDS nella popolazione mondiale

UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali):
'Gli omosessuali hanno diffuso l’AIDS nella popolazione umana?'

Pubblichiamo un pessimo esempio di giornalismo: per l'Unione Cristiani Cattolici Razionali i gay hanno "contribuito in modo determinante alla massiccia diffusione dell’HIV nel genere umano"

Venerdì 26 Agosto 2011 - fonte - Gaynews
Il Centers for Disease Control negli USA ha recentemente stimato che gli uomini omosessuali coprono il 61% delle nuove infezioni da HIV negli Stati Uniti, nonostante essi siano solo il 2% della popolazione del Paese. Gli esperti dicono che i giovani omosessuali sono l’unico gruppo in cui le nuove infezioni da HIV aumentano, addirittura del 48% nel periodo 2006-2009 (da 4.400 infezioni nel 2006 a 6.500 nel 2009).

Mario Corcelli, specialista in Medicina Legale, ha pubblicato nel 2009 su “Medicitalia” un articolo sulla storia dell’AIDS, informando che il virus HIV della scimmia, già presente in Africa da moltissimi anni, passò probabilmente all’uomo tramite ferita da morso, ma soltanto all’inizio degli anni ’80 avvenne la svolta. Oltre al commercio clandestino di sangue Africa-USA, l’altro motivo dell’iniziale diffusione dell’AIDS in America, e poi conseguentemente nel mondo intero, fu l’assidua frequentazione degli omosessuali americani dell’isola di Haiti per turismo sessuale. Come conferma il “Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute”, inizialmente infatti -siamo attorno agli anni ’80- l’ipotesi più accreditata fu quella che la nuova malattia mirava soltanto agli omosessuali, tanto che il “New York Times” intitolò così un editoriale: «Raro cancro osservato in 41 omosessuali»* . Il popolo omosessuale, da quanto si rileva, pare dunque aver contribuito in modo determinante alla massiccia diffusione dell’AIDS nel genere umano (anche se questo però non si può dire, come dimostra il “caso Cambi”), tanto che anche in Europa c’era la convinzione di essere di fronte ad una patologia contratta esclusivamente da loro. “The Lancet” parlò di “gay compromise sindrome”, mentre sui quotidiani nazionali di diversi Paesi era facile leggere espressioni come “immunodeficienza gay-correlata (Grid)”, “cancro dei gay”, o “disfunzione immunitaria acquisita”. Qualche anno dopo si arrivò a constatare che la malattia era trasmissibile anche fra eterosessuali.

Sempre secondo lo specialista Corcelli, il motivo per cui l’AIDS si è diffusa enormemente tra gli omosessuali (molto più che tra gli etero) è l’abitudine a frequentare club esclusivi, veri e propri complessi dotati di tutto: stanze d’albergo, sauna, palestre, piscine, dove si vive una promiscuità sessuale assai spinta, che favorisce numerosi rapporti sessuali con diversi partners, addirittura anche decine di rapporti sessuali nell’arco di un solo week end. L’altro motivo è che lo stesso “rapporto fisico” omosessuale, utilizzando “canali” non predisposti naturalmente alla penetrazione, crea facilmente tagli e ferite, aumentando così esponenzialmente la probabilità di trasmissione dell’infezione.

Ci domandiamo, come afferma anche L'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) di cui l'UCCR e la reazionaria risposta alla sigla, che è la Chiesa Cattolica ad aver contribuito alla diffusione dell'AIDS soprattutto in Africa e Asia, grazie alle sue campagne contro l'informazione, la prevenzione e l'uso del preservativo.

Per approfondimenti sui temi trattati da questo articolo:
www.uaar.it - www.uccronline.it/
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*Aids: 1981-2011 Per non dimenticare

articolo di Zeno Menegazzi pubblicato anche su:
Gay Freedom - 30 Giugno 2011

mercoledì 24 agosto 2011

Un ricatto morale da sconfiggere

Redigendo questo post sul dibattito giuridico americano sull'eguaglianza nel matrimonio, ho trovato quest'articolo:

http://www.scotusblog.com/2011/08/same-sex-marriage-and-religious-liberty/

il cui autore dice che non si può affermare l'eguaglianza nel matrimonio (che lui ritiene inattaccabile sul piano del diritto costituzionale) senza concedere una scappatoia a chi non la condivide e non vuole essere complice di cerimonie o stili di vita LGBT.

L'esempio da cui parte non è quello del prete cattolico che potrebbe essere costretto ad officiare un matrimonio gay (nessuno vuole una cosa del genere, e sarebbe una cosa chiaramente inammissibile), ma quello di un fotografo di Albuquerque, New Mexico, che fu citato in giudizio per essersi rifiutato di fotografare la "committment ceremony = matrimonio simbolico" di una coppia gay - violando così la legge federale che vieta le discriminazioni sulla base dell'orientamento sessuale.

Secondo Thomas C. Berg, autore di quest'articolo, bisognava consentire invece al fotografo di rifiutarsi, tantopiù che Albuquerque ha quasi 546.000 abitanti, e quindi un fotografo gay-friendly la coppia lo poteva trovare facilmente - se fosse stato l'unico fotografo di una contea, allora avrebbe avuto senso costringerlo ad accontentarli.

Esempi simili potrebbero essere le agenzie che si occupano di adozioni, che potrebbero perdere l'accreditamento se per motivi religiosi si rifiutassero di accogliere proposte di adozione da parte di coppie arcobaleno, oppure i conviti che ospitano studenti sposati, che potrebbero mettersi nei guai se si rifiutassero di ospitare coppie LGBT oltre a quelle etero.

La proposta di Berg sembra molto semplice: se non si vogliono pericolosi conflitti sociali, tra due parti che si ispirano a valori costituzionali di eguale rango, occorre stabilire un compromesso - e nel compromesso sono più abili i legislatori dei giudici, che non sono tenuti a vedere aldilà del caso in esame.

Il compromesso sarebbe consentire a chi non vuole essere coinvolto in atti di vita LGBT di rifiutarsi di prestare il suo servizio, a meno che non sia l'unico in zona a poterlo erogare, ed il suo rifiuto dunque sarebbe un torto irrimediabile per le persone LGBT che lo vogliono.

La mia opinione è che la proposta sia inaccettabile, e vi spiego perché.

Il primo motivo è che la sessualità, la vita di coppia e la vita familiare sono estremamente pervasivi in tutte le persone; le persone etero non se ne rendono conto, perché uno dei privilegi della maggioranza è l'oblìo di se stessa - ma le persone LGBT se ne accorgono eccome.

Se si consente ad un etero, per motivi religiosi, di rifiutarsi di prestare il suo servizio ad una persona che sta manifestando il suo essere LGBT, gli si dà praticamente licenza di ignorarlo completamente in ogni circostanza, magari anche in alcune che al professor Thomas Berg, ordinario di Diritto e Politiche Pubbliche all'Università San Tommaso, non sarebbero mai venute in mente!

Il secondo motivo è che il fotografo non fa il suo lavoro per simpatia, ma per denaro - e l'accettare denaro per riprendere una cerimonia LGBT non significa approvare codesta cerimonia, ma fare il proprio mestiere. I principi morali del fotografo (ammesso e non concesso che sia "morale" discriminare) non vengono perciò compromessi.

Soltanto se le chiese cristiane decretassero che accettare di fotografare una cerimonia LGBT significa approvarla, allora il ragionamento potrebbe reggere. Ma mi piacerebbe sapere che direbbero codeste chiese dell'attivista contro la pena capitale o contro il razzismo che riprende esecuzioni od esempi di discriminazione razziale per dimostrare invece quanto sono orrendi.

Mi pare ovvio che non si può giudicare una persona solo dal suo comportamento esterno, e non ha senso dire: "Se fai così, vuol dire che sei cosà, e non puoi dimostrare il contrario". Non lo si fa nemmeno con un assassino, figuriamoci con un fotografo.

Inoltre, si potrebbe fare un esempio molto interessante: poiché per la chiesa cattolica il matrimonio è un sacramento, il battezzato cattolico non può contrarre un matrimonio che non sia anche un sacramento. Il cattolico che contrae matrimonio civile perciò non è un novello sposo, ma un pubblico peccatore.

Eppure nessuno si sogna di intimare ai cattolici di rifiutarsi contribuire alla celebrazione di un matrimonio civile - né come sindaci, né come ufficiali di stato civile, né come fotografi. E la differenza tra un matrimonio civile eterosessuale ed uno civile omosessuale è solo di grado, non di qualità.

Per quanto riguarda le agenzie di adozione, il loro compito è accoppiare adottanti ed adottati, solo sulla base dell'idoneità psicologica dei primi; se vogliono garantire anche la rispondenza ad una religione od ideologia, allora compiono una discriminazione che lo stato non può autorizzare - e giustamente revoca loro l'accreditamento.

Se non lo facesse, lo stato verrebbe accusato di usare queste agenzie di adozione per "compiere il lavoro sporco", ovvero discriminare in un modo vietato dalla legge - e perderebbe tutte le cause che gli venissero intentate per questo.

Per quanto riguarda pensionati studenteschi e simili, idem: il matrimonio è matrimonio, qualunque sia il genere dei coniugi.

Il terzo motivo è questo: il modello di società di Thomas Berg prevede che gay ed alleati vivano separati dagli eterosessisti - una società di "separate but equal = separati ma uguali", in cui la separazione finisce con l'indurre le due parti a disprezzarsi a vicenda (con il disprezzo della maggioranza eterosessista molto più pericoloso di quello della minoranza inclusiva) ed a coltivare degli stereotipi bizzarri nel migliore dei casi, odiosi nel peggiore.

Il modello del "separate but equal = separati ma uguali" è stato stroncato dalla Corte Suprema USA da più di cinquant'anni, in quanto la separazione è già discriminazione contro la minoranza; inoltre, se le due comunità vivono separate, e la maggioranza eterosessista ha piena licenza di ignorare la minoranza inclusiva, gli eterosessisti non impareranno mai che gay ed alleati non sono i mostri di cui si sparla ogni domenica a messa.

Karl Popper, di famiglia ebraica, ma di religione protestante (tutto meno che cattolico, insomma) riteneva il commercio il migliore antidoto al razzismo. Thomas Berg non vuole quest'antidoto, visto che vuole autorizzare i commercianti a non servire le persone che manifestano la loro identità LGBT (praticamente sempre).

Raffaele Ladu

martedì 26 luglio 2011

Affossamento Omofobia: Gli integralisti (Dinosauri) cattolici veronesi esultano

Gli integralisti (Dinosauri) cattolici veronesi esultano per l'affossamento della legge contro l'omotransfobia.
E' brutto constatare come questo paese è in mano a questa gentaglia che lo tiene ancorato al medioevo. Ma questi signori di Christus (Tyrannosaurus Rex) se la devono mettere via... La partita non finisce qui!

Arcigay Pianeta Urano Verona------------------------------------
’Italia non si adegua alla risoluzione ONU. No alla legge “contro l’omofobia”
Omofobia/ Camera affossa legge con si’ a
pregiudiziali di costituzionalità

Martedi, 26 Luglio 2011

La Camera dei Deputati ha per la seconda volta affossato la legge contro l’omofobia. Con 293 si’, 250 no e 21 astenuti, l’Aula ha approvato le pregiudiziali di costituzionalita’ presentate da Pdl, Lega e Udc.

Possiamo dire che il lavoro di molte persone, in gran parte cattolici, durante il corso di questi ultimi mesi è andato ad aggiungersi al lavoro di numerosi parlamentari seri e moralmente retti. Uno staff che ha portato la parola FINE ad una parola che nasconde una truffa lessicale e che mira a criminalizzare chi sostiene la famiglia naturale come unica forma di unione legittima. Il nostro Circolo Christus Rex, che ha collaborato in particolare con la Presidenza del Consiglio dei Ministri per aggiungere elementi non solo di carattere religioso, anche attraverso manifestazioni di piazza, esprimendo pubblico dissenso e collaborando con le istituzioni locali, nazionali ed europee, esprime soddisfazione, con l’auspicio che l’argomento sia definitivamente archiviato

lunedì 25 luglio 2011

150 mila casi Mortara: la famiglia tradizionale catto-australiana

Abbiamo molti avversari, che credono che attaccando noi difendono la cosiddetta "famiglia tradizionale", con mamma, papà e figlioletti - che sono il bene prezioso che corona l'amore di mamma e papà, benedetto da Dio.

Andiamo ora però a leggerci questa pagina web:

[1] http://wwrn.org/articles/35812/

poiché però so che non tutti conoscono l'inglese, mi premuro di tradurla e sfidare i lettori a trovare eventuali errori di traduzione:

(quote)

La Chiesa Cattolica Apostolica Romana d'Australia si scusa per le adozioni forzate
Bonnie Malkin ("The Telegraph", 25 Luglio 2011)

Sydney, Australia - Si stima che più di 150 mila signorine in tutta l'Australia abbiano avuto i loro figli sottratti alla nascita senza il loro consenso, e spesso non li hanno più rivisti.

Le donne soggette all'adozione forzata negli ospedali a gestione cattolica hanno descritto come sono state ammanettate e drogate durante il travaglio, e come fu impedito loro di vedere i loro figli nascere, o di abbracciarli dopo.

Molte hanno detto che i loro figli erano stati designati all'adozione forzata ben prima della nascita e che fu detto loro che non potevano opporsi.

A seguito di un'indagine su questa pratica da parte dell'ABC [Australian Broadcasting Corporation - l'emittente di stato australiana], la Chiesa cattolica ha pronunciato delle scuse a livello nazionale, dicendo che la sua storia di adozioni forzate era "profondamente deplorevole".

"Riconosciamo il dolore della separazione e della perdita sentiti allora e sentiti ora dalle madri, dai padri, dai figli, dalle famiglie e dagli altri coinvolti nelle pratiche del tempo", dicono le scuse.

"E di questo dolore noi siamo genuinamente dispiaciuti".

Le donne coinvolte nel processo di adozione forzata hanno dato dei resoconti personali dell'orrore di avere il loro figlio strappato loro dopo la nascita.

Juliette Clough aveva 16 anni quando diede alla luce suo figlio in un ospedale cattolico nel 1970.

"Le mie caviglie erano legate al letto, erano in delle staffe, ed io fui gassata, ebbi tanto gas e loro si sono semplicemente portati via il bambino", lei ha detto all'ABC.

"Non ti era permesso di vederlo o toccarlo, niente del genere, o prenderlo in braccio, ed è stato come se fosse morto un pezzo della mia anima, che è tuttora morto".

Lily Arthur, dal gruppo di sostegno per le adozioni forzate 'Origins NSW', era una diciassettenne sotto tutela dello stato quando partorì nel 1967. Lei acconsentì a rinunciare al figlio sotto minaccia di arresto.

"Quando noi stavamo per espellere il bimbo, noi venivamo messe in una posizione da cui non potevamo vedere l'espulsione del bimbo", ella disse, descrivendo come lei fu fatta sdraiare sul fianco, con il viso "premuto contro il materasso".

"Dopo che mio figlio fu nato, io fui resa quasi incosciente e trasportata ad un reparto senza il mio bimbo".

Altre donne hanno parlato di tende tirate su perché non potessero vedere i loro figli, e di cuscini tenuti contro le loro facce. Alcune hanno perduto più di un figlio a causa di questo programma, dacché i loro neonati furono portati via per vivere in famiglie ritenute più adatte dalla Chiesa. Le donne sostengono che a loro non fu mai detto del loro diritto a revocare il consenso all'adozione, o del fatto che potevano chiedere sussidi in quanto madri nubili.

E' in corso un'inchiesta del Parlamento federale sulla questione, ed ha già ricevuto più di 300 documenti da tutto il paese.

Oltre a pronunciare le scuse, la Chiesa cattolica ha chiesto al governo di creare "un fondo per rimediare ai torti dimostrati", ed un programma nazionale per aiutare le madri ed i figli che furono danneggiati dalle separazioni forzate.

Comunque, molte delle donne che furono soggette alle adozioni forzate hanno chiesto ulteriori misure.

"Non penso che uno possa accettare delle scuse per una cosa che fondamentalmente non è mai stata affrontata a livello legale", ha detto la Sig.ra Arthur.

(unquote)

Pare che centocinquantamila donne abbiano perso i loro figli, e più di centocinquantamila bimbi la loro madre, grazie alla Chiesa cattolica australiana - che scusandosi ha implicitamente confessato la pratica, se non le cifre.

Questa è la sua idea di famiglia. E potrebbe non essere limitata all'Australia, come fa pensare quest'articolo del New York Times:


di cui vi traduco il primo paragrafo:

(quote)

La Spagna si confronta con decenni di dolore per i bambini perduti
Di RAPHAEL MINDER
Pubblicato: 6 Luglio 2011

SIVIGLIA, Spagna — Stimolati da genitori addolorati, i giudici spagnoli stanno investigando centinaia di accuse che dei bambini furono rapiti e venduti per l'adozione per un periodo di quarant'anni. Quella che potrebbe essere cominciata come rappresaglia politica contro le famiglie di sinistra durante la dittatura del Generalissimo Francisco Franco sembra essere divenuto un traffico in cui dottori, infermiere e perfino monache sono state colluse con delle reti criminali.

(...)

(unquote)

Questo è il curriculum, anzi, il libro nero, di chi parla e straparla di "famiglia tradizionale". Quando si tratta di allevare i figli, quasi sempre i migliori sono i loro genitori naturali - ma per molto tempo ci sono state persone che non lo hanno voluto ammettere.

Il titolo "150 mila casi Mortara" allude alla triste storia di Edgardo Mortara, qui raccontata:


Purtroppo, il vizio di spezzare i più tenaci legami tra gli esseri umani non è cessato con la presa di Porta Pia.

Raffaele Ladu

venerdì 15 luglio 2011

Conferenza stampa 'graduale'

Ieri, 14 Luglio 2011, mentre i francesi celebravano la presa della Bastiglia, un'associazione LGBT veronese ha organizzato una conferenza stampa 'graduale'.

L'abbiamo chiamata così perché, come i Salmi 120-134 (119-133 secondo la Vulgata) sono detti 'graduali' perché li recitavano sui gradini del Tempio di Gerusalemme i pellegrini che vi si recavano tre volte l'anno, così ogni anno viene ripetuto sui gradini del municipio di Verona un rituale più capace di rimarcare la propria diversità dal mondo circostante che politicamente capace di migliorare quel mondo.

Ieri si è andati un po' oltre la manifestazione del proprio orgoglio, in quanto si è voluto annunciare che si sarebbe vagliata "la possibilità di ricorrere presso la Corte Europea dei Diritti dell'uomo di Strasburgo, contro il Comune di Verona e lo stato italiano".

Ammettiamo volentieri che le mozioni che il Consiglio Comunale di Verona approvò il 14 Luglio 1995 sono omofobe ed odiose, ma ci è venuto un sospetto: perché mai si è annunziato che si intendeva "vagliare la possibilità di ricorrere" anziché mostrare ai giornalisti un ricorso depositato e protocollato contro di esse?

La risposta penso che la troviamo in questi tre siti:

  1. http://www.dirittiuomo.it/Formulari/formulari.htm
  2. http://www.ildirittoamministrativo.net/ricorso-tar.htm
  3. http://www.gazzettadelleautonomie.it/index.php?option=com_content&view=article&id=152:mozione--natura-giuridica--individuazione-ricorso-giurisdizionale--inammissibilita-&catid=32:ordinamento-enti-locali
Il primo avverte che per fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo occorre aver subìto una sentenza definitiva e sfavorevole (a meno che non ci si voglia lamentare proprio dell'esagerata [per non dire 'tipicamente italiana'] durata dei processi, il che è un grave torto indipendentemente dal merito della causa, e rende irragionevole attendere la sentenza definitiva), e tale ricorso va presentato entro sei mesi da tale sentenza.

Il secondo precisa che un ricorso al TAR (ammesso che sia possibile contro una mozione di un consiglio comunale - vedi il terzo sito) va presentato entro sessanta giorni dal momento in cui si viene a conoscenza dell'atto da impugnare.

Il terzo spiega che una mozione impegna sul piano politico, non sul piano amministrativo, e pertanto non si può impugnare davanti al TAR - perché una mozione non impegna nessun organo dello stato a compiere alcunché, e quindi non può di per sé nuocere ad alcuno.

Le sacrosantissime battaglie combattute contro quelle mozioni hanno perciò grande valore morale e politico, ma non possono trasporsi sul piano giuridico; e se codest'associazione LGBT si sognasse di presentare un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, esso finirebbe certamente nella pila degli irricevibili.

A poker chi tenta un bluff senza avere nemmeno una coppia in mano può essere lodato, ma la politica, specialmente in un paese come l'Italia, è 'la continuazione della guerra con altri mezzi', come diceva Carl von Clausewitz, ed in guerra chi minaccia con un'arma palesemente scarica dimostra patetica impotenza ed attira su di sé il ridicolo.

Raffaele Ladu